Di Marco Campione
Una versione di questo intervento, leggermente ridotta e con un titolo diverso, è comparsa il 5 marzo nell’inserto scuola di Italia Oggi.
Il Ministro Bussetti è stato accusato di voler “cancellare la Storia” dall’Esame di Stato. Tutto nasce da norme che entrano in vigore adesso, ma risalgono a scelte del Ministro Gelmini, confermate dai successori di tutti gli schieramenti. E non hanno nulla a che vedere con l’abolizione della Storia, come si può capire leggendo le conclusioni della apposita commissione, presieduta dal Prof. Serianni: “…con riferimento agli ambiti artistico, letterario, storico [!!!], filosofico, scientifico, tecnologico, economico, sociale… saranno fornite sette tracce…”. Si fa Storia anche in Letteratura, in Arte, in Filosofia, in Musica, alcuni docenti anche in Matematica e Fisica e il nuovo Esame di Stato non fa che prenderne atto. Sembrerebbe la classica tempesta in un bicchiere d’acqua, ma purtroppo la scuola è attraversata ciclicamente da polemiche di questo tipo. Escono i dati delle iscrizioni e non manca l’editoriale preoccupato per la crisi del liceo classico; un episodio di bullismo ed ecco una proposta di legge per reintrodurre l’ora di educazione civica; una modifica all’esame di Stato e via con le chiamate alle armi di intellettuali e accademici. Vogliamo parlare della storia? Ci sarebbe ben altro da denunciare: i docenti che insegnano storia sono in stragrande maggioranza laureati in altre discipline, per lo più formatisi esclusivamente all’Università; e se il governo continuerà nel suo proposito di eliminare qualsiasi forma di formazione specifica all’insegnamento, sarà sempre più così. O ancora, si vuole reintrodurre l’ora di educazione civica. Quale materia sarà sacrificata? L’approccio è l’ulteriore conferma di un problema atavico del dibattito sulla scuola, centrato su “cosa” si insegna e non su “come” si insegna: la maggior parte delle discipline si insegnano secondo la prospettiva storica, ma è un tabù evidenziare come procedano in modo scollegato, disallineato, disordinato. Se poi proviamo a spostare il focus dall’insegnamento all’apprendimento, appare evidente che se il nostro sistema di istruzione ha un problema che attiene ai “curricoli”, non è certo sulla materie umanistiche tradizionalmente intese, ma su quelle scientifiche ed economico-giuridiche. I promotori di questi appelli sono sempre gli stessi, con ogni probabilità hanno fatto il Classico, quando parlano di scuola è quella che hanno fatto loro (40 o 50 anni fa). Fateci caso: le parole ricorrenti sono “maturità” (non si chiama più così da quasi vent’anni), “versione di greco”, “ginnasio” (qui gli anni sono “solo” dieci)… Quasi mai entrano nel merito dei problemi che loro stessi pongono, restano sulla superficie. E così ci si riduce a luoghi comuni, a una stanca ripetizione di considerazioni frutto di percezioni personali. La scuola, i docenti, i genitori, gli studenti, hanno diritto a un approccio più serio e rispettoso delle dinamiche reali.
Immagine: J.H. Tischbein, Le nove Muse, Clio